Nei precedenti articoli abbiamo trattato separatamente le figure di export manager e di content manager come di fugure fino a cinque anni fa guardate con una certa diffidenza oggi ricercatissime e strategiche. Questi due fenomeni concomitanti e rilevanti, se presi in considerazione insieme, possono portare a una offerta interessante per il mercato del lavoro. Da una parte la ricerca intensiva delle aziende, di commerciali in grado di garantire loro fette di mercato, anche a costo di sottrarli ad altri competitori; e dall’altra la pigrizia e anche la paura da parte di esse di investire in comunicazione perché è vista come un investimento a lungo termine, se intesi come complementari, possono offrire una soluzione univoca. Una soluzione che potrebbe essere rappresentata dall’unione di queste due figure professionali. In un momento storico di profonda trasformazione del lavoro, argomento con cui si è aperta questa dissertazione, in cui alcune figure si specializzano, altre scompaiono o vengono assorbite da altre funzioni, perché non provare unire queste due funzioni? Questa situazione mi porta a domandarmi se mai questi due fenomeni, uno apparentemente positivo ma potenzialmente pernicioso (la compravendita di export) e l’altro apparentemente sottovalutato ma potenzialmente e intrinsecamente fertile, non possano, se congiunti, concretizzarsi in una unica funzione portatrice di utilità per l’azienda. In fondo quella visione che ha continuato fino ad oggi nel concepire la cultura tecnica distinta dal bagaglio umanistico sembra essere affetta da una grave miopia, visti gli effetti che questo orientamento ha prodotto.
Il digital export manager che qui propongo dovrebbe avere una cultura umanistica e allo stesso tempo saper interagire con i tool più caldi.
Dovrebbe possedere un valido retroterra di studi economici, di geo-politica e saper fare i conti.
Penso a una figura di un export manager che abbia a cuore prima di tutto l’interesse che rappresenta, più dei suoi clienti. Infatti occorre distinguere la figura dell’export manager da quella dell’agente. L’agente è guidato dai guadagni (provvigioni) l’export manager punta alla crescita aziendale: una prospettiva più a lungo termine. Per questo parte da un progetto editoriale solido e pianificato.
Questa figura dovrebbe accanto al ruolo tradizionale gestire la parte digitale, il sito aziendale per esempio, liberando la parte rimanente dell’azienda dalle preoccupazioni relative agli investimenti promozionali. Occuparsi di formare il personale interno affinché in un secondo tempo possa occuparsene in autonomia. Poi, una volta definito il sito aziendale costruire attorno le piattaforme idonee per generare contatti, dai social all’uso informativo dei blog. In questo modo l’azienda non ha la percezione di buttare via i propri denari in promozione. Chi studia i contenuti e i mezzi è la stessa persona deputata alla vendita. E in questo caso conosce bene l’azienda, per questo la può rappresentare, non è una mansione temporanea. A differenza del lavoro del content manager e del social media manager dove in quei casi il rapporto con il cliente è sempre mediato, qui esiste il vantaggio del contatto reale. L’uso dei canali digitali è strumentale al mantenimento del rapporto con il cliente mai l’unico strumento utilizzato.
Questo porta a un evidente vantaggio. Nulla può sostituire la ricerca sul campo, la conoscenza della situazione reale, solo così si può avere il polso della situazione. Viene spontaneo attuare un paragone tra il reporter tradizionale è l’attuale content manager: la creazione dell’informazione sul campo, è un lusso che poche agenzie possono permettersi. Questo è uno dei motivi che stanno alla base del così diverso trattamento che il mercato riserva a queste figure professionali. Entrambe sono rivolte alla conversione di informazioni in contatti, e da contatti in clienti. Mentre coloro che operano dietro a una scrivania si avvalgono di tecniche che cambiano in continuazione, veloci come la tecnologia, ma che tutto sommato sono raggiungibili da quanti abbiano accesso al web, almeno potenzialmente.
Il “commesso viaggiatore” o ancora più indietro nel tempo, il mercante, è invece uno dei mestieri più antichi al mondo, deve sempre essere pronto al cambiamento, e informato, ma le sue competenze di base sono rimaste immutate nei secoli.
Parliamo dello spirito avventuroso e esplorativo, dell’interesse di entrare in contatto con chi non conosce, della grande passione per il viaggio inteso non solo come arricchimento ma fondamentalmente come uno scambio: in ogni viaggio ci si arricchisce sempre di qualcosa e qualcosa d’altro si cede (se proprio non altro, almeno il tempo). Ma sopra a tutte le caratteristiche elencate, c’è né una che da sempre contraddistingue l’immaginario di questa figura: è la capacità di parlare ai suoi pubblici, di raccontare storie, avremmo detto un pò di anni fa.
Oggi ha la possibilità di farlo con mezzi diversi e simultanei. E soprattutto può non mollare mai i suoi pubblici, anche nei momenti in cui si trova lontano dal campo.
Vediamo nel dettaglio come può sfruttare questi tool, sempre mantenendo l’esempio dell’impresa di piccole e medie dimensioni.
Tuttavia questi espedienti non sono ancora sufficienti per creare una narrazione, benché fondamentali per definire uno stile riconoscibile.
Come si è detto in precedenza il consumatore gioca un ruolo cruciale nei processi di comunicazione, è un dato assoldato ormai che abbia un ruolo importante nei processi di product design. Il consumatore che svolge un ruolo attivo nella ricerca della informazioni è abituato in primo luogo a consultare i forum tematici perché ritiene siano gli habitat in cui, fermo restando i dovuti accorgimenti, sia possibile reperire informazioni non orientate da soggetti imprenditoriali. Lo studio delle comunità virtuali meriterebbe una tesi intera, perché le dinamiche che si vengono a creare sono forse ancora più complesse di quelle del mondo reale anche a causa delle numerose identità che un singolo soggetto può decidere di assumere. Tuttavia il monitoraggio di questi ambienti si rende necessario in primo luogo per lo studio della reputazione: la velocità dell’interazione del forum e l’indicizzazione dei contenuti permette di mantenere il polso della situazione su trend e argomenti caldi. In seconda istanza sono un’ottima fucina per l’individuazione di opinion leader, consumatori esperti che godono di credibilità da parte della comunità. Spesso hanno messo in scena loro stessi una narrazione autobiografica e esperienziale, accostando la
loro storia a quella del prodotto: sono dei veri protagonisti per la comunità e mantenere un rapporto con loro può rivelarsi un fattore di successo (o insuccesso) cruciale.
In termini narrativi e come si è visto, sono degli storyholder, per questo è fondamentale controllare la loro narrazione e far si che si mantenga parallela a quella del brand senza evitare sovrapposizioni. A loro va riservato un trattamento simile a quello destinato agli influencer (senza tuttavia eguagliarlo) , da una parte lasciando loro autonomia e in occasioni speciali un filo diretto verso il brand. Se contribuiscono molto alla comunità, lo fanno per essere letti, è importante renderli consapevoli che questo meraviglioso processo avviene grazie al brand: anche per loro si potrebbe prospettare una strada da influencer, con spazi personali e la possibilità di usare il proprio nome.
Oltre al presidio dei canali social è opportuno mantenersi informati sulle tendenze del momento anche relative ad ambiti apparentemente lontani dal mercati di interesse. In particolare, come già osservato in precedenza, le tendenze offerte dal mondo del turismo offrono sempre spunti validi in virtù della profonda connessione che esso stabilisce
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con i territori, i prodotti e le esperienze che ne derivano. Marco Bettiol per esempio, porta all’attenzione l’idea promossa dall’azienda di arredamento Lago, promotrice di un formato aziendale decisamente innovativo. Questa iniziativa che porta il nome di Lago Welcome, tratta di un format studiato e ideato per chi possiede una casa e progetta di trasformarla in un B&B. A coloro che ne facciano richiesta, Lago offre un pacchetto che comprende un progetto di arredo e un piano di comunicazione completo. L’anello di congiunzione tra proprietari di casa è l’azienda Lago è AirBnb, il noto social network mondiale di proprietari di casa che mettono a disposizione le loro abitazioni o porzioni di esse, dietro pagamento di un corrispettivo. Grazie a questo accordo, al consumatore viene offerta l’esperienza dell’arredamento Lago all’interno di una situazione reale. Questo esempio di interazione diretta con il cliente apre a nuovi canali esperienziali. Queste iniziative se sviluppate adeguatamente aprirebbero a scenari di sicuro interesse per le aziende di arredamento e design di interni. Inoltre nella progettazione degli interni, visto il nostro ambito disciplinare, perché non operare una pianificazione di campagna che tenga conto anche di elementi di visual storytelling. Certo non dovrebbe risultare molto invasivo vista la destinazione abitativa di questi spazi, per esempio per richiamare una tipologia presa in considerazione nel capitolo dedicato a questa pratica, il livello basic comprendente solo alcuni richiami alla storia di brand potrebbe essere ammissibile. Probabilmente un approccio di questo tipo potrebbe trovare posto nel settore ricettivo e incoming, grazie anche alla maggiore portata di progetti di questo tipo. Un esempio possibile potrebbe trovare spazio nella progettazione di resort o catene di B&B a tema.