Potremmo considerare la Winery Internationalization Charts® come porta d’accesso ai contenuti di questo progetto. Infatti la realizzazione di questa interfaccia grafica è stata realizzata per rispondere a due necessità specifiche. La prima è sicuramente quella di favorire una consultazione lineare grazie a una disposizione progressiva degli argomenti ma allo stesso tempo permettere l’accesso diretto alla categoria di interesse sfruttando l’ipertestualità.
Nella seconda vi è l’ambizione di riassumere con uno sguardo d’insieme la totalità degli argomenti che sarebbe bene tenere a considerazione nel processo di internazionalizzazione: tutto con un solo “colpo d’occhio”.
Cliccando nelle rispettive sezioni si ottiene l’accesso agli articoli prelevati dal blog interno e alle guide appositamente redatte che costituiscono un ulteriore approfondimento. Agli articoli e alle guide sono state assegnate rispettivamente: categorie, etichette e tag. Questo ci permette di collocarli con pertinenza e nel quadro generale della problematica export e anche in forma più pratica sono una strumento in più da utilizzare nel motore di ricerca interno.
Qualcuno avrà certamente notato che l’organizzazione del chart si ispira vagamente alla ruota degli aromi, lo strumento più famoso di supporto alla degustazione.
Detto queso procediamo con una, spero non troppo ridondante, descrizione del grafico.
Al centro abbiamo naturalmente l’azienda vitivinicola o cantina, attorno alla quale possiamo distinguere un primo livello rappresentato dalla comunicazione e un secondo livello dal website hub ( o sito vetrina). Questo secondo, è il nostro punto di partenza perché se ci fermiamo a pensare, le aree escluse da questa sotto categoria riguardano attività che sono tradizionali (se cosi possiamo dire) nel processi di internazionalizzazione. In fondo anche l’ospitalità che oggi rientra a pieno titolo nell’ambito di interesse della presentazione digitale è una pratica che esiste da sempre. Il sito hub è il mezzo mediante il quale, a basso costo, un piccola realtà può risultare raggiungibile da chiunque nel mondo, in qualsiasi momento. Potrá disporre di una piattaforma per la vendita diretta e promuoversi o promuovere i propri prodotti attraverso iniziative di web marketing. Potrà dedicare una sezione per i media tradizionali per esempio con schede aziendali e comunicazione istituzionale, un genere di informazione diversa dal blog e certamente più incline agli interessi di un giornalista professionista. E per continuare dal sito hub offrire una anteprima degli ultimi articoli del blog (o house organ) dove usare un tono più accattivante e vicino al pubblico . Troviamo a questo punto il termine brand journalism che in questo caso scelgo nella sua accezione più generica. Non mi riferisco solo ai contenuti generati da influencer legati al marchio o wine telleres sotto consulenza. Qui penso anche a tutti quei contenuti creati internamente che hanno carattere di reportage nel senso di offrire uno “spaccato “ (uso una parola antica) della vita aziendale: operatori in vendemmia, pratiche di cantina. Ma anche missioni estere: live da fiere, degustazioni, etc.. Per concludere la sezione..i social media naturalmente per poter raggiungere i pubblici: da non trascurare la parola “management” perché ciò che conta più di “esserci” in rete è l’uso che si fa della propria presenza…quindi gestione strategica!
Spostiamoci verso l’esterno.
La localizzazione – partiamo dal presupposto che tutti i contenuti trasmessi da un centro emittente (la cantina) che si pongono come obiettivo il raggiungimento di pubblici distanti geograficamente (non conta ) e culturalmente (questo conta) dovrebbero ricevere adeguato confezionamento per essere accettati (parola non scelta a caso) dal pubblico di destinazione. Pratica che coinvolge: testo (lingua), immagini, disposizione spaziale dei contenuti e scelta colori ( Ex: in Cina il rosso porta bene mentre il bianco centra con la morte) . Tema ampio di cui se ne parlerà in più parti. In questa occasione basta per giustificare la posizione gerarchica.
Storytelling Strategies: parola abusatissima (diventata proibita per chi davvero lo fa). Qui proposta come strategie di storytelling, quindi si parla di una scienza e non di qualcuno che è bravo a raccontare delle storie presso un dato pubblico (o pensa di esserlo). Parliamo di studio, formulazione, creazione e diffusione. Per storytelling intendiamo anche la forma di una bottiglia non di certo una storiella scritta che l’accompagni sul retro etichetta. La narrazione è dunque pervasiva e plasmante. Temi che troveranno ampia trattazione .
Il cluster di marketing strategico riguarda tutte quelle operazioni preliminari che trovano successivamente luogo di raccolta nell’export plan. Si parte generalmente dallo screening dei paesi solo dopo una raccolta preliminare delle informazioni e dei dati macroeconomici che fungono da indirizzo per la tipologia di vino con cui lavoriamo. Alla fine del processo di scrematura dovremo rimanere con un gruppo limitato di paesi su cui successivamente applicare una analisi SWAT ( ….) dalla quale otterremo come esito definitivo la fattibilità della scelta paese. Una volta definiti i paesi target e sarà possibile concretizzare con l’individuazione dei nostri pubblici (Targeting) e procedere con la profilazione e presa dei contatti (Scounting) attraverso il traffico inbound (in entrata) derivante dal sito, dai social e tutto quanto elencato nell’emisfero destro e accanto alla ricerca attiva con presa di contatto diretta mediante cold call e visite.
Tra gli strumenti operativi troviamo la compliance ovvero tutto quanto pertiene gli adempimenti, dalle regolamentazioni locali sugli alcolici alle etichettature e eventuali barriere non tariffarie ( questi aspetti vengono presi in considerazione anche in fase di countries screening) . La gestione della logistica viene e la scelta del tipo di pagamento vengono sono fondamentali ma in genere vengono definite una volta per tutte.
Troviamo il raggruppamento delle Geomarketing Tools esterne rispetto agli strumenti di marketing perché sono pratiche ancora in divenire e che possono accompagnare più fasi, utili anche per gestire la mobilità durante le visite e monitorare l’attività degli eventuali agenti.
Upp Sala Model e il CAGE FRAMEWORK sono due modelli di internazionalizzazione storici, sempre validi ma da rivisitare alla luce dell’avvento digitale.
La figura dell’export manager è stata riquadrata perché è sempre più la figura strategica e di collegamento. Non è un agente, è un professionista che si avvale di tutte le discipline fin ora descritte per perseguire un unico scopo: lo sviluppo della cantina verso nuovi mercati.
Il suo interesse viaggia di pari passo con quello del titolare.
È un WINE DIGITAL EXPORT MANAGER.